Trevi, Casco dell’Acqua

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A nord ovest della cittadina di Trevi, ai confini settentrionali del nostro municipio, troviamo la frazione di Casco dell’Acqua, placidamente adagiata lungo il fiume Clitunno.

Nella “Historia … di Trevi” del Natalucci, leggiamo che faceva parte della Balia di Matigge, in particolare del suo territorio di pianura, più prezioso che altri del comune di Trevi, sia per la fertilità del terreno e la vicinanza alla città di Foligno, sia per essere gravato in minor misura di collette, o del tutto esente dalle stesse. “… con la maggior parte delle abitazioni, …, che ora costituiscono una villa particolare cognominata il Casco delle Acque dalla parata de’ montefalchesi quivi esistente; non stando quale i passati tempi in detto luogo a causa che il di loro sito era acquoso, secondo venne dichiarato quando vi fu fondata la chiesa…”.
Nei pressi di questa località doveva aprirsi quel lago Clitorius che, ancora presente in epoca romana, era costituito dalle acque dei corsi d’acqua Marroggia, Clitunno e Teverone. Non lontano da Casco dell’Acqua, nel giugno del 1979, in prossimità del sotto-passo ferroviario della linea Roma-Ancona, degli operai, che stavano lavorando alla realizzazione di un chiavicotto stradale, rinvennero un grande dolium, tipo di giara in terracotta, alto cm 160, con diametro massimo di cm 165, certamente uno dei più imponenti recipienti del genere ritrovati nella nostra regione e oggi conservato sotto il porticato del Palazzo comunale. Secondo quanto leggiamo in “Trevi Antica” di Carlo Zenobi, si tratta di un contenitore per l’immagazzinamento di liquidi, tipo olio o vino, o di alimenti (ad esempio grano o legumi), che si può far risalire al II secolo d.C. Durante quegli stessi lavori vennero ritrovati anche pezzi di altri recipienti, il che potrebbe far pensare all’esistenza in quel sito di un magazzino piuttosto fornito.
La ricchezza di questa località è certamente legata al fiume Clitunno, forza motrice del vecchio molino, corso d’acqua ricco di pesci e, un tempo, di gustosissimi gamberi di fiume, lungo il quale, oggi, si svolgono importanti gare di pesca. Fiume che, come ricordiamo nel paragrafo su Pietrarossa, ha acceso la vena artistica di tanti maestri. Tra questi citiamo un antico umbro, il cerretano Gioviano Pontano, riportando la descrizione (tradotta dai versi originali in latino) che questi fece del Clitunno nel Dialogo “Caronte”: “Tale scorre il Clitunno attraverso il paese degli Umbri, soltanto che quello è più ricco di acque e senza gorgogliare, placido e lieve scorre tra amene e dilettevoli rive…”.
Il fiume Clitunno, anticamente detto Cleoton, Cleo o Cliton, nasce nell’area sorgentizia nota con il nome di Fonti del Clitunno, attualmente in comune di Campello, ma in passato appartenente al municipio di Trevi, tanto che a lungo questo corso d’acqua venne considerato interamente ed esclusivamente trevano. Plinio il Giovane nella sua VIII Epistola inviata all’amico Romano così descrive il Clitunno, le Vene e il lago che si formava dalle sue sorgenti: “… Alle sue radici da molte e ineguali vene deriva una sorgente che, dopo aver vinto il gorgo che essa stessa forma, si allarga in un ampio lago così limpido e cristallino che potresti contarvi le monete gettate e i lucidi sassolini.”
In “Trevi Antica”, troviamo che il nome Clitumnus deriva da Clit-umnus (Umnus = amnis = fiume) con il significato, quindi, di fiume Clit. Per chi fosse interessato, di seguito riportiamo una nota di Giuseppe Bragazzi, relativa a questo corso d’acqua: “… Il nome Clitunno segna l’antichità dell’epoca in cui il fiume richiamò l’attenzione degli abitanti di queste contrade; mentre la sua desinenza tunno, simile a quella di varj nomi d’origine Osca, lo dichiara secondo il Demptero già in onore ai tempi che tali antichi popoli signoreggiavano questa parte d’Italia che fu sai innanzi agli Etruschi…”.
Il fiume Clitunno viene anche citato da Vibio Sequestre nel suo trattato sui fiumi, le fonti, i laghi…: “Clitumnus Umbriae, ubi Juppiter eodem nomine est”. Questo corso d’acqua era rinomato per i candidi buoi, allevati lungo le sue rive, animali molto apprezzati dagli antichi romani, quali vittime sacrificali per i trionfi bellici. Li utilizzavano con le corna dorate, ornati di bende e ghirlande fiorite, per ringraziare gli dei delle conquiste appena effettuate. Publio Virgilio Marone così lo ricorda: “Da qui, o Clitunno, le bianche greggi e il toro, che era la vittima maggiore, bagnati dalla tua sacra corrente, trassero ai templi degli dei i trionfi romani”.
L’antico Cleoton era diviso in due parti, una sacra comprendente la zona delle sorgenti, destinata ai riti e ai culti, l’altra profana (contenente anche la località Pietrarossa) dedicata ai bagni e ai divertimenti. Secondo alcuni autori la zona di demarcazione tra queste due porzioni si poteva individuare nella località La Pigge, toponimo che potrebbe derivare dal termine latino Pons lapideus (Ponte di Pietra). Secondo altri, tuttavia, il ponte in questione era certamente il Ponte Maggiore, in loc. Faustana.

A Casco dell’Acqua nacque l’illustre trevano Francesco Francesconi.

Note bibliografiche
  • TREVI DE PLANU
  • Natalucci D. Historia Universale dello Stato Temporale ed Ecclesiastico di Trevi 1745, A cura di Zenobi C., Ed. Dell’Arquata, Foligno 1985
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