Valnerina, Sant’Anatolia di Narco, Gavelli

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È un piccolo castello tardo-medioevale, all’interno del quale si trova la chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, con affreschi di Giovanni di Pietro, detto ‘Lo Spagna’, datati al 1492.

Sul monte Eremita grotte rupestri hanno consentito l’insediamento del monachesimo eremitico di origine medio-orientale, ispirato ai così detti ‘Padri del deserto’: da qui agli inizi del VI secolo è partita l’evangelizzazione di queste valli e degli abitati che le costellano. Un antro scavato nella roccia con un oratorio dedicato a Sant’Antonio da Padova è stato frequentato sino al XIX secolo: oggi è quasi irraggiungibile a causa di dissesti che hanno interessato a più riprese le pendici del monte. Tra gli eremiti che hanno abitato queste grotte, gli abitanti di Gavelli mostrano una devozione particolare verso il beato Benedetto vissuto nel XIII secolo.

Tipico castello di pendio, costruito a difesa della Valdinarco, Gavelli ha fatto parte del Ducato longobardo di Spoleto: sulla sommità sono ancora visibili i resti del cassero (la Castellina) e una delle porte di accesso che immette sulla via che conduce all’interno del piccolo borgo fortificato e costeggia l’antica chiesa parrocchiale.

Nel territorio tra Gavelli e Monteleone, a colle Ferraio e a monte Birbone, il Governo pontificio ha sfruttato per alcuni anni piccole miniere di ferro, mentre una ferriera fu realizzata  a Ruscio di Monteleone lungo il corso del fiume Corno. Lo sviluppo delle industrie siderurgiche di Terni ha favorito per circa un decennio, tra il 1840 e il 1850, la ripresa dell’estrazione del ferro.

Dopo l’unità d’Italia, Gavelli fu aggregato al Comune di Sant’Anatolia di Narco di cui rappresenta ancora oggi il centro abitato più elevato.

Come racconta benissimo lo storico prof. Ubaldo Santi nel suo libro La Resistenza a Spoleto e in Valnerina, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 Gavelli fu la base operativa della formazione partigiana capitanata da Ernesto Melis, con le prime azioni della resistenza partigiana della Valnerina: una formazione che ha visto al suo interno, per un periodo, anche partigiani jugoslavi evasi dalla Rocca di Spoleto; questi presto si divisero dalla banda del Melis e spostarono la loro base a Mucciafora sotto la guida del partigiano slavo ‘Toso’, al secolo Svetozar Laković. A Gavelli, una lapide apposta nel settembre del 2013 ricorda quei tragici, eroici avvenimenti della resistenza partigiana.
«Tra il 23 e il 26 settembre del 1943 gli uomini di Melis già accampati a Vallocchia di Spoleto raggiungono Gavelli insieme a sei ex prigionieri di guerra britannici. La truppa è alloggiata nella canonica, nell’edificio della scuola elementare, in case private e nelle capanne. Vengono formate le squadre e distribuite le armi sottratte nelle caserme di Spoleto e trasportate fino a Sant’Anatolia attraverso la ferrovia Spoleto-Norcia con l’aiuto di alcuni ferrovieri e, infine, a Gavelli a dorso di mulo.»

Tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso a Gavelli vi erano ancora due generi alimentari, due macelli, il calzolaio, il falegname e la scuola: oggi pochi abitanti cercano di mantenere in vita questo borgo ricco di storia destinato, sembrerebbe, a un abbandono ineluttabile come quello di tanti altri paesi della montagna appenninica, in Umbria e non solo.

Nei pressi di Gavelli…

Note bibliografiche
  • Santi U. La Resistenza a Spoleto e in Valnerina, Ed. Nuova Eliografica, Spoleto 2004
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