Montefalco

Le edicole

Questo genere particolare di piccoli monumenti, posti solitamente sui crocicchi delle strade campestri, ma anche in ambito urbano, oggi dimenticati e negletti, le cosiddette «maestà», sono stati in passato nel territorio di Montefalco oggetto di grande diffusione e venerazione.

Si tratta di costruzioni essenzialmente povere, di un mondo particolarmente agricolo, frammentato ma a suo modo organizzato in una gerarchia di distretti oggi quasi incomprensibili: la corte (documentata nel 1082), l’aggiacenza (adiacentia, dal 1215), il manso (dal 1220), il consorzio (consortium, dal 1220), ma soprattutto le «ville» (dal 1186) con il rispettivo territorio di pertinenza (l’asio, dal 1223). E in senso più strettamente politico e amministrativo: il «breve» (dal 1216, ancora contemplato dall’ultima revisione dello statuto comunale del 1425), da cui venivano estratti i rappresentanti in seno al consiglio comunale, e avevano diritto alla rappresentanza di tre dei quattro priori del comune (S. Nessi, Le origini del comune di Montefalco, Spoleto 1977).
Le maestà erano strutture estremamente povere, inserite nelle diverse realtà locali, cui evidentemente non bastavano le singole parrocchie. Realtà povere, in quanto sorgevano là dove non era la possibilità di costruire chiese, che pure nel Medioevo erano diffusissime anche in aperta campagna. In qualche caso esse testimoniano l’antica esistenza di una parrocchia rurale, trasferita poi nel castello. È il caso di San Silvestro di Colle Mora, nella villa di Pietrauta, sul cui luogo oggi resta un’edicola cadente. Al posto della demolita chiesetta del Crocifisso, al bivio tra Camiano e Camiano Piccolo, oggi si erge l’edicola omonima.
Il loro numero doveva essere molto maggiore rispetto alla situazione attuale. La gran parte di tali testimonianze di fede semplice e a volte personalizzata sono da ritenere scomparse, senza aver lasciato traccia di sé.
Si verifica inoltre una singolare iattura di documenti che alludono a edicole perdute, a fronte di una scarsità, o addirittura assenza totale di riferimenti documentari relativi a quelle esistenti.
Dove sarà stata la «Maestà di Pulita», ricordata da un atto del 1488 (in asio et vocabulo Magestatis Pulite)? Una volta la località è detta in «Villa Montispennini»; ma un altro rogito dello stesso notaio la dice ubicata dalla parte opposta: «versus Silva Mattutina» (Montefalco, Arch. notarile, Pietro Agatoni, 2, cc. 60v, 107v). L’asio Pulite è ricordato in un frammento catastale anteriore al 1361, conservato nell’archivio comunale).
Dove sarà stata la «mestà di Fiatavento», citata in un atto del 1516: «in quo petio terre est Maiestas»? (Arch. not. cit., Giasone Contucci, 1, c. 183r). In un foglio erratico dell’archivio del monastero di Santa Chiara, del 1470, si legge: «in asio Flataventi seu Collis Arfusi» (Montefalco, Archivio Monastero S. Chiara, Miscell. 19). Ma nella località attuale di Colle Arfuso non esiste più alcuna edicola. E così per altre segnalazioni che qui non è il caso di ricordare.
Alcuni itinerari in cui esistono più edicole si rivelano particolarmente significativi e interessanti.
In particolar modo quello che partendo da Montefalco va a Camiano e a Vecciano, il cui tracciato viario nei secoli XIII e XIV toccava alcuni degli insediamenti monastici più antichi del territorio.
Contiguo alla Porta Camiano sorgeva un monastero femminile agostiniano, sotto il titolo dei Santi Maria e Paolo (già esistente nel 1268, unito al monastero di Santa Chiara nel 1463). Scendendo lungo il declivio del colle si incontra la Fonte del Poggiolo, con la sua maestà – una delle più antiche pervenuteci – e poi la strada lambiva il monastero femminile benedettino dei Santi Benedetto e Agnese (già esistente nel 1284, unito al monastero di Santa Chiara nel 1411). Raggiungeva il Colle di Camiano, dove fin dal 1240 è segnalato il primo insediamento francescano maschile; il quale fu oggetto di un primo trasferimento nel 1275. Ma sul luogo, in vocabolo Agelli, rimasero i «fraticelli della povera vita», i quali dettero il nome ad un’edicola che, seppure ammodernata, ancora esiste: la Maestà dei Fraticelli, di cui, eccezionalmente si conosce la data di fondazione documentata da un testamento di certo Nicola di Giovanni, datato 29 luglio 1477, in cui è detto: «Inoltre lascia due fiorini, a ragione di sessanta bolognini per fiorino, agli uomini della villa di Agelli per la fabbrica di una maestà da farsi nella predetta villa, presso gli eredi di Pucciolo di Vannillo» (Montefalco, Arch. not., Piero di Pietro Paolo, 4, c. 7r: «Item reliquit duos florenos, ad dictam rationem, hominibus ville Agiegli pro fabbrica unius maiestatis fiende in villa predicta iuxta heredes Puccioli Vannilli»). Da cui risulta l’iniziativa collettiva di quel comprensorio. In un successivo testamento dello stesso Nicola, del 3 aprile 1483, il quale manteneva ancora un’elemosina per il completamento della medesima: «lascia un fiorino per la fabbrica della Maestà dei Fraticelli (magestatis fraticellorum), la quale maestà è nel trivio e nel terreno di esso testatore» (Montefalco, Arch. not:, Girolamo di Francesco, 1, c. 114r: «Item reliquit unum florenum pro fabrica magestatis fraticellorum, que magestas est in tribio et agro dicti testatoris»).
Essa è anche ricordata dallo storico locale Valerio Agatoni († 1727): «Cognominatasi poscia un’immagine della B. Vergine depinta al muro sul trivio poco distante al prefato convento la Maestà dei Fraticelli, siccome ancor oggi, quantunque non più nell’antica forma» (V. Agatoni, Dell’istoria di Montefalco, in Archivio Abbati Trinci, ora Camilli, ms. 10, c. 119). Presso l’antica chiesa di Santa Maria della Selvetta (dal XV secolo San Rocco) i «fraticelli» riunirono i primi due capitoli generali d’Italia dando vita al Terz’ordine regolare francescano, con approvazione pontificia. Abbandonato il convento intorno al 1526, ai terziari subentrarono alcune clarisse staccatesi da un monastero di Foligno che vi restarono fino al 1576 (La chiesa e il convento di San Francesco a Montefalco, 2002, p. 88).
Il percorso Montefalco – Camiano, doveva essere molto frequentato a partire dal secolo XIII, se si pensa che presso i frati minori esisteva una fiorente fraternita di Santa Maria, la quale ebbe approvato il suo statuto nel 1257; esso prevedeva tra l’altro riunioni in tutti gli ultimi venerdì di ogni mese, con relative processioni notturne in onore della Madonna, «et fiant cerei et luminaria ad honorem Virginis» (La chiesa e il convento di San Francesco a Montefalco, 2002, p. 5). Si spiega dunque la presenza di tante testimonianze della devozione popolare nel breve tragitto di appena un paio di chilometri: ben sei edicole, più una demolita ma di cui si conserva l’affresco distaccato del Melanzio, datato 1510.
Allo stesso luogo francescano si accedeva anche dalla Porta della Rocca. Lungo il percorso si incontra l’edicola più bella e meglio conservata tra quante ne sono sopravvissute, perché ben presto protetta da una modesta chiesetta. Essa è decorata da uno splendido affresco del pittore Francesco Melanzio, la cui famiglia possedeva terreni nella zona. Anche questa maestà è documentata da due testamenti. Il primo di Nicola di Pascuccio da Colle del Marchese, del 9 agosto 1522: «Per la maestà della villa di Vecciano un fiorino da spendere per ornamento, quando gli uomini di detta villa faranno qualcosa» (Montefalco, Arch. cit., Pietro Agatoni, 15, c. 477v: «In maestati in villa Vecciani florenum unum solvendum pro ornamento dicte maestatis, quando operabitur per homines dicte ville»). Il secondo, del 21 luglio 1527, di Francesco di Agostino di Pelazza: «quando si fabbricherà una cappella nella villa di Vecciano, i suoi eredi dovranno pagare per essa un fiorino» (Montefalco, Arch. cit., Girolamo di Bernardino, 1, c. 165v: «sui heredes teneantur solvere pro fabrica dicte cappelle florenum unum»). Quindi il desiderio di salvaguardare la bella edicola era molto antico.
Altro itinerario importante è quello che porta alla chiesa del patrono san Fortunato (antica pieve altomedievale) e al convento dell’Osservanza francescana, fondato nel 1448. Ai frati minori Osservanti sono legate le maestà che ancora restano in piedi e di cui si ha notizia. Quattro in appena un chilometro di strada, con affreschi notevoli eseguiti da Pierantonio Mezzastris e dal Melanzio (regolarmente staccati e conservati nel museo civico di Montefalco).
Il terzo itinerario importante era quello che un tempo rappresentava il principale collegamento con Spoleto. Lungo questo tratto, oggi secondario, restano ancora in piedi l’edicola della Consolazione (o Madonna Alta), che a seguito di una guarigione ritenuta prodigiosa diede origine ad un grandioso santuario, con pianta a croce greca, il quale richiama strettamente modelli architettonici del perugino Valentino Martelli (nel 1603 nominato cittadino onorario di Montefalco). Poco più avanti, dove una volta esisteva il bivio per Turrita, si incontra l’edicola detta «della corta di Gallo», con affreschi attribuiti a Bartolomeo da Miranda (presente con più opere nella chiesa parrocchiale di Turrita).
Infine, un altro percorso importante era quello che congiungeva Montefalco a Foligno, ma soprattutto portava ai mulini comunali lungo il corso del Timia. All’imbocco di questa via, sotto le mura urbiche, esiste la «Maestà del Verziere», ricordata in un atto del 1524. Allo stato di rudere è l’altra edicola posta poco al di sotto della località Vallo di Montepennino, con le immagini completamente svanite (si notano appena i segni di contorno impressi sull’intonaco), in cui pare di intravedere su un lato la figura di un san Cristoforo, il patrono dei viandanti.
Dai verbali dei consigli comunali di Montefalco si ha notizia di un’altra maestà scomparsa, lungo lo stesso tragitto. Il 2 giugno 1641 i consiglieri furono sollecitati a discutere circa una petizione inoltrata, in cui si legge: «Nella strada che va al nostro molino vi è una imagine bellissima della gran Madre di Dio, quale fa grandissimi miracoli, et vi ha grandissimo concorso di popolo forastiero che per tale occasione vi concorrono anco le elemosine, che per ciò mi pare facciamo grandissimo mancamento non tenerne conto. Si eleghino doi homini di bona conscientia, quali cerchino o procurino tener conto, et farci fare una chiesa a honore della beatissima Vergine; si corra [a partito], et vincendosi habbia forza di reformanza…». La richiesta ebbe accoglimento, perché si decise seduta stante: «La poliza, nella quale si fa istanza che la imagine santissima della beata Vergine vi si faccia una chiesa per honore della medesima si reputa difficile, et non molto a proposito per rispetto del luoco, dove è situata, et anco perché quella medesima villa [di Montepennino], nelle pertinenze della quale è posta detta imagine, sono due altre chiese: cioè della Santissima Trinità, et l’altra a capo di detta villa, et perché si giudica più a proposito di trasportare detta imagine alla sudetta chiesa a capo della villa, però per la presente riformanza, et per effettuatione di detta trasportatione se ne dimandi licenza a monsignor illustrissimo vescovo, et impetrata che sarà l’infrascritti homini debbano provedere che le elemosine che di presente si trovano offerte a detta imagine, et da offerirse, che segua detta trasportatione, et bisognando anco il consenso del padrone del terreno, dove è collocata detta imagine, li signori priori [del comune] per li tempi debbano procurare detto consenso con pregarlo a voler concedere detta gratia per honore della beata Vergine, et sodisfattione del popolo» (Montefalco, Arch. comunale, Riformanze, 1641-43, cc. 89v. 92v-93r). Secondo quanto riferisce in merito la visita pastorale del vescovo di Spoleto monsignor Giacinto Lascaris, del 1713, l’affresco di cui sopra venne trasferito in un primo momento nella chiesa collegiata di San Bartolomeo, ma poi riportato nella chiesa della Trinità di Montepennino (Spoleto, Arch. Cancelleria arcivescovile, Visita Lascaris, III, c. 285r: «magna cum veneratione colitur imago devota beata Maria Virgine Gratiarum et miraculorum fecunda quam relatum est a canonicis collegiate Montis Falchi anno […] fuisse manum artificum peritorum extractam a muro in quo erat picta, et translatam ad ecclesiam Sancti Bartholomei in illius foribus stetisse, nec qucumque, ac diligentiam adhibitam intus dictam ecclesiam asportari potuisse; adeoquem ad ecclesiam, et locum, in quo nunc est reportata fuisse»).
Quel che resta di quell’immagine, eccessivamente manomessa nei vari spostamenti, è ora nella chiesa della Trinità sopradetta. Il dipinto che ha molto sofferto, conserva quasi intatti i due angeli laterali che affiancavano la Vergine (successivamente completamente ridipinta), capaci ancora di rivelare la mano del pittore montefalchese Francesco Melanzio; il quale, alla fine della sua carriera, abbandonata qualsiasi velleità di creatività artistica, fattosi per necessità «madonnaro», lavorò intensamente anche nelle edicole sparse per queste contrade campestri, immagini che ai sui concittadini parvero «bellissime».
Al Melanzio appartengono pure gli affreschi di tre delle quattro edicole che ornavano il borgo del castello di Fabbri. Si tratta del maggior numero raccolto in pochissimo spazio.
Un discorso a sé meritano le edicole che ornavano all’interno le porte che si aprivano nella cinta delle mura medievali. Tutte le porte dovevano avere un affresco che le sovrastava, in genere con l’immagine della Madonna tra i santi protettori particolarmente invocati. Unico esempio che resta ancora in loco è l’affresco che adorna la porta principale, detta di Sant’Agostino (o dello «Stradone», l’attuale corso). Questo è l’affresco più antico (secolo XIV) che ci sia pervenuto in tale genere di testimonianze devozionali, collocato nel punto di separazione e allo stesso tempo di raccordo tra «mondo interno» e «mondo esterno», immaginato quest’ultimo denso di imprevisti e di pericoli. Quindi era comprensibile la presenza dei santi tutelari della collettività, per chi entrava ma, soprattutto, per chi usciva.
Di un’altra porta ci resta il ricordo dell’edicola che la sovrastava. Si tratta della Porta di San Bartolomeo (dalla chiesa contigua, risalente al secolo XII), modernamente detta di Federico II, per la presenza di una scultura con le aquile imperiali, datata 1244. Del dipinto che v’era resta il ricordo in un verbale del consiglio comunale del 24 febbraio 1589, in cui fu stabilito: «che le prete [=pietre] che sonno cadute dalla guardiola di Santo Bartholomeo, se portino per la fabrica della Madonna della Consolatione, excetto quelle longhe de trivertino: se conservino per rifare detta guardiola per manutentione di quella Madonna et altre immagine de sancti depinti sopra la porta de Sancto Bartholomeo […]» (Montefalco, Arch. comunale, Riformanze, 1586-89, c. 227r).
Successivamente anche quella immagine della Madonna con Bambino venne tolta con il brano di parete e collocata sull’altare maggiore della collegiata che le sorge a fianco. Ivi venne protetta, ma anche nascosta, da un grande quadro, con una ricca cornice intagliata, dipinto dal pittore Giacinto Gimignani, che ha al centro un ovale scorrevole che lasciava vedere i volti del dipinto più antico, dipinto che ricorda lo stile del pittore folignate Bartolomeo di Tommaso. Anche questa immagine, ritenuta miracolosa, ebbe una sistemazione in tutto simile a quella della Chiesa Nuova (o Santa Maria in Vallicella) in Roma.
L’aspetto singolare di queste immagini antiche, in certo qual modo declassate dalla Controriforma cattolica e dalla invasiva esplosione della cultura «barocca», fu che esse corsero già fin d’allora il pericolo dell’abbandono e del degrado. Senonché, quasi per reazione popolare spontanea, specialmente da parte di quelle classi sociali infime, ci si attaccò più che mai a tali monumenti di fede semplice, e se ne tentò una valorizzazione del tutto particolare. Quelle povere immagini cominciarono a fare miracoli in ogni parte dell’Europa cattolica, in maniera impressionante, data la vastità del fenomeno, che non è stato ancora adeguatamente studiato. Per cui spesso, quelle immagini, come si è visto per Montefalco, finirono in contesti estranei, del tutto inusuali. Quasi come reperti archeologici, a volte, finirono al centro di templi superbi, oltremodo ricchi ed eleganti, che a loro modo ne garantirono la sopravvivenza in un aggiornamento strettamente controriformistico.
Ecco allora spiegato il salvataggio dell’affresco già sopra la porta civica di San Bartolomeo. E l’interessamento dei canonici della moderna collegiata per accaparrarsi tali frammenti devozionali popolari. Ecco spiegato anche il recupero dell’affresco già in una edicola posta lungo la strada che recava ai molini comunali.
Ma, soprattutto, l’esempio più eclatante di tale reviviscenza di pietà, a Montefalco, è quello rappresentato dalla «Maestà di Coccetta», posta lungo la strada per Spoleto. Di essa narra lo storico locale Antonio Bennati († 1675): «Si ritrovava nel territorio di Montefalco, lungi un menzo miglio in circa, un’imagine della beatissima Vergine con il figliolo al seno, dipinta nel muro conforme si vedono per le campagne, posta questa e situata nella strada partendo da Montefalco, si va alla città di Spoleto, a mano dritta in una possessione di Valentino Coccetta oriundo et habbitante di Turrita contado di Montefalco. Imagine e figura di molta divotione. Occorse un giorno, che appunto fu li 20 di maggio nell’anno 1584, che arrivato in quel luogo uno struppio delle gambe, che non poteva muoversi, che con grandissima difficultà, erigendosi su in due crocchie, ne’ quali si appoggiava la sua persona. Hora quando questo con ferventi preghiere si raccomandò alla beata Vergine pregandola per la sua liberatione, furno sì affettuosi i suoi clamori, che si sentì alleviato dal dolore et affatto guarito et libberato dal male. De lì partito andò in Montefalco esclamando di aver ricevuto la gratia per intercessione della beata Vergine da lui pregata nella imagine che stava nella strada che va a Spoleto, passate le due prime partendo da Montefalco. Si mosse gran popolo, e andato al luogo con devotione, con render gratie alla Reggina del Cielo di aver oprato in quel luogo la gratia allo stroppio. Crescendo via più il concorso e l’offerte et elemosine, furno deputati persone che di quelle havessero cura et tenuto conto: et addotte fussero poste insieme acciò se ne potesse fare una chiesa. […]» (Montefalco, Arch. Abbati-Trinci, ora Camilli, ms. 2, Istoria di Montefalco, c. 55r.).
Sorse così la chiesa della Consolazione di Montefalco a difesa dell’edicola originaria; chiesa che ora dopo un secolare abbandono, grazie alla legge del terremoto, ha recuperato la sua dignità strutturale.
Il popolo, per le edicole prima, per il loro salvataggio poi, nei secoli passati si toglieva il pane di bocca pur di garantirne la sopravvivenza, quali segni di fede, di speranza, di carità.

Montefalco - San Luca, strada San Luca - Fabbri [MON037]
Montefalco – San Luca, strada San Luca – Fabbri [MON037]
687 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE Edicola in muratura costruita sulla via che conduce da S. Luca verso Fabbri DATAZIONE 1920 ca. STATO DI CONSERVAZIONE Buono IMMAGINE ICONOGRAFIA S. Gabriele dell’Addolorata TECNICA E STATO…

Montefalco - San Marco, «Maestà degli Antonelli» [MON056]
Montefalco – San Marco, «Maestà degli Antonelli» [MON056]
680 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE Edicola isolata nel quadrivio di S. Marco DATAZIONE Anni ’70 del XX secolo USO ATTUALE Luogo di culto IMMAGINE ICONOGRAFIA Madonna col Bambino TECNICA E STATO DI CONSERVAZIONE…

Montefalco - San Marco, chiesa di San Marco [MON073]
Montefalco – San Marco, chiesa di San Marco [MON073]
663 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE L’immagine è murata sopra la porta della chiesa di S. Marco DATAZIONE Inizi XX secolo STATO DI CONSERVAZIONE Buono IMMAGINE ICONOGRAFIA Madonna col Bambino TECNICA E STATO DI…

Montefalco - San Marco, Gabellette [MON057]
Montefalco – San Marco, Gabellette [MON057]
680 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE Edicolaisolata sul margine della Strada Provinciale DATAZIONE XX secolo STATO DI CONSERVAZIONE Buono USO ATTUALE Luogo di culto IMMAGINE ICONOGRAFIA Non rilevata DATAZIONE XX secoloTECNICA E STATO DI…

Montefalco - Turrita [MON083]
Montefalco – Turrita [MON083]
701 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

IMMAGINE ICONOGRAFIA Croce DATAZIONE XX secolo TECNICA E STATO DI CONSERVAZIONE Croce in ferro battuto; stato di conservazione buono OSSERVAZIONI E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI La Croce è collocata sopra un piedistallo…

Montefalco - Turrita, bivio per Turrita [MON091]
Montefalco – Turrita, bivio per Turrita [MON091]
720 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE Edicola con la nicchia ad arco, situata sul bivio per Turrita DATAZIONE XX secolo STATO DI CONSERVAZIONE Mediocre IMMAGINE ICONOGRAFIA Sacra Famiglia TECNICA E STATO DI CONSERVAZIONE Oleografia…

Montefalco - Turrita, chiesa di Santa Maria [MON063]
Montefalco – Turrita, chiesa di Santa Maria [MON063]
1024 680 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE L’immagine è inserita nella lunetta del portale principale della chiesa parrocchiale di S. Maria DATAZIONE 1952 IMMAGINE ICONOGRAFIA Madonna col Bambino DATAZIONE 1952 TECNICA E STATO DI CONSERVAZIONE…

Montefalco - Turrita, ex palazzo Coccetta [MON082]
Montefalco – Turrita, ex palazzo Coccetta [MON082]
680 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE Piccola nicchia di cemento in stile goticheggiante, protetta da un cancelletto in ferro battuto, inserita nel muro dell’ex Palazzo Coccetta DATAZIONE Anni ’20 del XX secolo STATO DI…

Montefalco - Vecciano, chiesa della Madonna di Vecciano «Madonna di Vecciano» [MON023]
Montefalco – Vecciano, chiesa della Madonna di Vecciano «Madonna di Vecciano» [MON023]
938 1024 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano

EDIFICIO DESCRIZIONE Edicola successivamente protetta da una piccola chiesa DATAZIONE XVI secolo STATO DI CONSERVAZIONE Buono USO ATTUALE Chiesa non officiata IMMAGINE ICONOGRAFIA Sulla parete di fondo, Madonna col Bambino…

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