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L'Italia ha un cuore verde: l'Umbria. L'umbria ha uno splendido punto panoramico, da dove lo sguardo si perde...

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A ammonite
   
a coste
   
b linea suturale
B aptici
C nautiloide
D rostro di belemnite

 

INQUADRAMENTO GEOLOGICO
Circa 75 milioni di anni fa, nel corso del periodo Cretacico, un oceano immenso, la Tetide, divideva i continenti indiano e africano da quello euro - asiatico.
L'evoluzione geodinamica delle placche terrestri portò alla completa chiusura della Tetide, determinando lo scontro dei continenti.
Le immani forze endogene che agirono nei meccanismi di chiusura dell'antico oceano, provocarono anche lo scorrimento delle parti meridionali dei continenti, indiano ed africano. Il risultato più evidente di questo complesso di movimenti fu la formazione del sistema montuoso attualmente conosciuto come alpino - himalaiano.
Scendiamo ad un ambiente a noi più vicino: l'area mediterranea. Nel corso del Giurassico (circa 210 - 140 milioni di anni fa), si può ipotizzare che questa fu interessata da fenomeni distensivi, seguiti, nel periodo eocenico-oligocenico (circa tra 55 e 24 milioni di anni or sono), da moti opposti, di contrazione. Successivamente, nel corso del Miocene (tra 20.000.000 e 5.000.000 circa di anni fa), l'area appenninica, probabilmente una micro-zolla compresa tra la zolla africana e quella euro - asiatica, si scontrò con questa determinando la formazione della catena montuosa che oggi costituisce la dorsale longitudinale della penisola italica, gli Appennini.
Passiamo ora ad osservarne un dettaglio, cioè la regione appenninica centrale, e vediamo come in tale ambito si svolse la storia locale, geologica e ambientale.
Nel Trias superiore (come riferimento temporale circa 220.000.000 - 210.000.000 di anni or sono) la zona appenninica è un mare di scarsa profondità. Presenta, dapprima i caratteri di piattaforma carbonatico - evaporitica, quindi, anche per avvenuti mutamenti climatici, di piattaforma carbonatica.
Nel Giura inferiore (210 - 180 milioni di anni fa circa) è dunque presente questo ambiente con bassa energia e scambio con il mare aperto. Se vogliamo cercare di fermare l'immaginazione in un raffronto con l'attuale, possiamo prendere come esempio l'ambiente delle Bahamas.
Nel Giura inferiore, precisamente nel Lias Inferiore, si depone il Calcare Massiccio (calcari con struttura massiva).
Nel Giura medio e nel Giura superiore (circa 180.000.000 - 140.000.000 di anni fa) la "nostra" area si trasforma in un ambiente di mare aperto e profondo.
È un bacino pelagico che interessa una zona piuttosto ampia, che comprende approssimativamente le attuali Toscana, Umbria e Marche.
In questo periodo si ha la deposizione della seguente successione: Corniola (calcari grigi, in strati sottili e regolari) - Rosso Ammonitico (marne e calcari marnosi, in prevalenza rossi e verdastri, alternati a calcari rossi, dalla caratteristica struttura nodulare) e Marne del Serrone (da argille a calcari marnosi, nel complesso, caratteristicamente, grigi) - Calcari Diasprigni (livelletti calcarei associati a sottili strati di selce, talora prevalenti) e Scisti ad Aptici (alternanze di calcari e selce di colorazione rosso e verdastra). Ricordiamo, in particolare, la Formazione del Rosso Ammonitico perché, in certi luoghi, questi strati si presentano molto ricchi di fossili. Si tratta di ammoniti, di piccole e medie dimensioni, che potremo ammirare negli affioramenti della dorsale dei Monti Serano - Brunette, nel corso delle escursioni che descriveremo.
Nel Giura superiore e nel successivo Creta inferiore l'ambiente che ci interessa è sempre più di mare aperto e profondo, con deposizione di calcari prevalenti.
Successivamente, e sino al Paleocene, la regione umbro - marchigiana rimane un ambiente di sedimentazione pelagico.
Complessivamente in questo periodo (dal Creta al Paleocene - come riferimento temporale da 140 a 55 milioni di anni fa, circa) si ha la seguente successione sedimentaria: Maiolica (calcari bianchi ben stratificati, con livelli di selce nerastra e grigia che iniziano a deporsi nel Titonico superiore, in altre parole nel Giura superiore) - Marne a Fucoidi (marne e argille marnose di colori vari con, in subordine, calcari e calcari marnosi ed anche livelli di argilliti nere) - Scaglia Bianca (calcari bianchi con selce nera e, in alto, il livello Bonarelli, costituito prevalentemente da argilliti nere) e Scaglia Rossa (calcari rosati e rossi con marne rossastre e livelli di selce, pure rossastra).
Nell'Eocene - Oligocene (circa tra 55.000.000 e 24.000.000 di anni fa) e ancor più nel seguente Miocene, fino a circa cinque milioni di anni or sono, il territorio è sede di fenomeni compressivi.
Nell'Eocene si depositano la parte sommitale della Scaglia Rossa e la Scaglia Variegata (calcari marnosi e marne calcaree di colore variabile dal rosa al grigio - verde, con un intervallo inferiore violaceo).
Nell'Oligocene superiore iniziano i fenomeni orogenetici che interessano inizialmente la parte interna dell'Appennino settentrionale. Nell'area umbro - marchigiana avviene la deposizione della Formazione della Scaglia Cinerea (depositi prevalentemente calcareo marnosi e marnosi di colore grigio).
La zona estrema, in particolare, ha assunto i caratteri di una fossa rapidamente subsidente. L'insieme di questi fenomeni ha determinato nei nostri siti un mutamento evidente della sedimentazione.
I calcari, praticamente puri, della maiolica hanno lasciano il posto a depositi marnosi e calcareo marnosi.
Nel Miocene si deposita la Formazione torbiditica della Marnoso Arenacea (marne variamente argillose con banchi arenacei), preceduta dalla Formazione del Bisciaro (marne e calcari siliceo-marnosi, ben stratificati, prevalentemente grigiastri, ocracei quando alterati, con liste e noduli di selce nerastra nella porzione medio-inferiore; sono inoltre presenti livelli di derivazione vulcanica). Il Flysch è costituito in pratica dai sedimenti che si depositano nelle fosse antistanti il continente in sollevamento nell'acme (momento culminante) del movimento orogenetico. Momento che nel nostro Appennino si verifica nel Miocene superiore con l'emersione di gran parte dello stesso.
I depositi flyschoidi lasciano progressivamente il posto a delle molasse, che ritroviamo tuttavia solo nella zona marchigiana esterna, la cui presenza ci racconta come le giovani montagne, frutto dei movimenti compressivi appena ricordati, sono facile preda dei fenomeni erosivi. La conformazione dell'Italia è ormai prossima a quella attuale e gli ambienti si vanno progressivamente dettagliando. Il mare torna ad invadere la zona umbra che viene anche nuovamente interessata da fenomeni distensivi. Nelle aree interne, questi conducono alla formazione di depressioni strutturali (conche intermontane), evolutesi durante il Plio - Pleistocene in ambiente continentale.
La storia geologica delle nostre valli viene così a coincidere con la storia del Lago Tiberino. Su questa concentriamo, ora, la nostra attenzione.
Nel Plio-Pleistocene (circa tra 5-4 e 0,7 milioni di anni or sono) la valle umbra, una delle più vaste dell'Italia Centrale, è occupata dunque da questo lago, diviso in due rami separati dai Monti Martani. Questi si addentrano all'interno del bacino quasi a formare una penisola. Dei due rami, il maggiore, occidentale, occupa la conca ternana, mentre il minore, orientale, quella folignate - spoletina.
Alla fine del Pliocene, inizio del Pleistocene, ovvero circa 2-1,7 milioni di anni fa, questa valle, che riceve le acque di tutti i fossi che scendono direttamente dai rilievi e quelle delle aree sorgentizie calcaree, si va approfondendo per l'attività delle fratture presenti ai bordi orientali della stessa.
E questo mentre la regione è interessata da un generale fenomeno di sollevamento.
All'interno della conca si accumulano senza sosta i depositi alluvionali che i torrenti erodono alle giovani montagne. Gli apparati deltizi dei corsi d'acqua formano depositi coalescenti ai piedi dei rilievi. In prossimità dell'odierno borgo di Santa Croce, il lago presenta un'amena insenatura, ove la tranquillità delle acque permette l'accumulo di grandi spessori di depositi vegetali. I processi sedimentari, attraverso successive trasformazioni, li hanno mutati in lignite, i cui banchi sono stati sfruttati fino all'ottobre del 1961, quando a cento anni circa dall'avvio dell'attività, fu scritta praticamente la parola "fine" sulla lunga storia delle miniere di Morgnano, dopo sei anni dalla terribile sciagura che provocò la morte di ventitre operai: era il 22 marzo 1955 e a determinarla fu ancora una volta il grisou.

 

Nel cantiere Orlando centrale, alle cinque e quaranta del mattino, una sacca di gas ruppe uno spesso diaframma di roccia e carbone e sfogò violentemente in una galleria in tracciamento. Il gas si diffuse rapidamente nelle gallerie vicine, mescolandosi all'aria e trasformandosi in una micidiale miscela esplosiva, pronta ad esplodere al minimo innesto. Dopo circa un quarto d'ora, un bagliore accecante si manifestò in tutte le gallerie e un'onda esplosiva colpì i minatori uccidendone ventitre. Erano solo a pochi minuti dalla fine del loro turno, il terzo di notte; al momento topico della giornata lavorativa di ogni minatore, quando finalmente si riaprono i cancelli della miniera e gli uomini sono pronti a riaffacciarsi al sole e alla vita. Quel sole e quella vita che persero per sempre a seguito della terribile deflagrazione.

 

In ogni caso, per amore di cronaca e verità, è giusto sottolineare che a causare la chiusura definitiva delle miniere di lignite di Spoleto non furono le conseguenze della terribile sciagura ma più prosaicamente le decisioni assunte in politica energetica, con il petrolio scelto quale fonte primaria di energia per il bel Paese.
Ma torniamo alla storia geologica: i ritrovamenti fossili nei depositi lignitiferi (pollini e altri resti vegetali, per lo più erbacei, in grande quantità ed inoltre resti di vertebrati quali Mastodon borsoni, Tapirus arvensis, Mastodon arvensis) testimoniano chiaramente che il clima dei luoghi è caldo - umido.
Il proseguire dell'attività tettonica segna la fine del bacino. L'impostarsi di faglie, e quindi dei corsi d'acqua, secondo le direzioni dei principali assi montuosi, favorisce il drenaggio e il progressivo prosciugamento del lago, peraltro già parzialmente colmato dai depositi provenienti dall'attività fluviale.
Nel Pleistocene medio un altro evento tettonico apre a Nord un varco da cui il lago inizia a tracimare e circa alla fine del Pleistocene il sistema idrografico assume, praticamente, i caratteri odierni. Così il vecchio bacino lacustre, nella realtà un insieme di ambienti diversi come fiumi, stagni, paludi, indipendenti tra loro e evolutisi in tempi e spazi differenti, lascia il posto a zone di locali impaludamenti che hanno reso a lungo malsane alcune zone vallive del nostro territorio, infestate, sino al passato storico, dalla malaria. Lungo la S.S. n. 3 Flaminia, all'altezza del cimitero di Foligno, dalla parte opposta rispetto a questo, vi è il cancello di ingresso della Villa Clio Carpello ove una iscrizione del 18° secolo ricorda alcuni lavori di bonifica dell'area.
Ancora oggi nelle giornate di nebbia, se si ha l'occasione di affacciarsi dal belvedere della passeggiata di San Martino, a Trevi, o anche di percorrere la cresta della catena collinare - montuosa che sovrasta la valle folignate - spoletina, si può ammirare un evanescente lago, eterea rimembranza del più recente passato ambientale di questi luoghi.
Concludiamo questo breve inquadramento geologico con una curiosità vulcanologica, di recente scoperta (1987). Ci riferiamo al centro igneo di Colle Fabbri, nel comune di Spoleto, abbastanza vicino a noi per meritare, data l'importanza scientifica, una menzione. Si tratta di un edificio vulcanico a forma di bastione. All'interno vi è presente un corpo subvulcanico costituito di euremite (foto euremite 1). Il bastione è una struttura riferibile ad una esplosione freatica in cui, praticamente, il magma, caratterizzato da altissima temperatura, ha interagito con una falda acquifera. È interessante notare l'azione del corpo subvulcanico intrusivo, caldissimo, sulle rocce circostanti che, per contatto, si sono "cotte", assumendo una caratteristica colorazione rossastra. Intorno alla intrusione, la breccia si presenta vivacemente colorata per i minerali contenuti, tra l'altro di notevole importanza mineralogica. In particolare ricordiamo la wollastonite e le zeoliti.
 

AMMONITI
Vogliamo dare qualche semplice notizia sugli ammoniti, tipici fossili degli strati calcareo marnosi della Formazione del Rosso Ammonitico. Precisiamo che le ammoniti si trovano anche in altre Formazioni della successione stratigrafica della Serie Umbro Marchigiana, a partire dal Calcare Massiccio e dalla Corniola, sino ai depositi della Maiolica e delle Marne a Fucoidi. Nella bibliografia del settore si rileva che in quest'ultima formazione le ammoniti sono state ritrovate vicino a Piobbico, nelle Marche, ma non, per quanto abbiamo avuto modo di leggere e di conoscere, negli affioramenti delle nostre zone. Ricordiamo anche, per curiosità, che la Formazione dei Calcari Diasprigni è in genere priva di macrofossili, mentre la Formazione dei Calcari ad Aptici contiene in particolare aptici, ma non esemplari di ammoniti.
Dunque parliamo delle ammoniti in quanto sono i macrofossili che più facilmente potremo osservare lungo alcune delle nostre escursioni. La L.N. n. 1089 del 1° Giugno 1939 vieta la raccolta dei fossili ai privati che non diano garanzie di saper apprezzare il significato di ciò che raccolgono (notizia tratta dalla PREFAZIONE di "Il Grande Libro dei Fossili", Ed. BUR, Milano 1989).
Gli ammonoidi, comunemente conosciuti come ammoniti, sono una sottoclasse della classe dei cefalopodi che popolò i mari aperti e profondi, l'ambiente pelagico, all'incirca dal Devoniano sino alla fine del Cretacico, quando si estinsero.
Si tratta di animali marini con una conchiglia esterna, divisa internamente in camere da setti. La linea di sutura (cioè di giunzione) dei setti al guscio esterno individua la così detta linea lobale. Questa è un carattere peculiare di vari gruppi di ammoniti, e, pertanto, viene usato come elemento di classificazione di generi e specie. Per questo motivo, nelle tavole che illustrano tali fossili, accanto agli esemplari studiati, spesso sono riportate anche le relative linee lobali. Ricordiamo in merito, come semplice esempio, il genere Phylloceras in cui lo sviluppo di detta linea è l'elemento macroscopicamente più caratteristico per un osservatore dilettante.
Le ammoniti possono essersi conservate (fossilizzazione) in diversi modi. Nelle rocce liassiche delle nostre montagne è frequente il ritrovamento di modelli interni ottenuti, in pratica, dal riempimento del guscio vuoto dell'animale con il fango dei fondali marini. Potremo rinvenire modelli piuttosto simili all'originale sia nella forma, sia nelle dimensioni, sia nell'ornamentazione della conchiglia.
Il grande numero di forme, l'evoluzione estremamente veloce, e l'ampia diffusione areale che ha contraddistinto questa sottoclasse dei cefalopodi, hanno fatto sì che gli ammoniti assurgessero a ruolo di fossili guida per i terreni mesozoici.
Tra i cefalopodi attuali rimangono pochi nautiloidi del genere Nautilus, le cui forme ancora ricordano le vecchie ammoniti, e i dibranchiati, cioè seppie, calamari e polpi.
Tra i fossili della sottoclasse dei dibranchiati ricordiamo, infine, le be-lemniti che furono particolarmente abbondanti nel Mesozoico e che possiamo anche trovare in alcune nostre formazioni, tra cui il Rosso Ammonitico.
Una notizia per chi vuole osservare da vicino le "forme" della terra: un'interessante collezione di fossili, minerali e rocce, provenienti da varie località, la "Collezione del Conte Toni", si può ammirare a Spoleto, presso il Chiostro dell'ex Ospedale di San Matteo, nella sede del Laboratorio di Scienze della Terra. Informazioni sull'attività di questo centro si possono ottenere presso il Comune di Spoleto. Possiamo trovare altre interessanti collezioni a Perugia e a Pietrafitta. Si tratta della Raccolta Arcivescovile, presso l'Arcivescovado, e della collezione del Museo Archeologico Nazionale, in Piazza G. Bruno, 10, entrambe nel capoluogo provinciale, e, infine, del Museo di Pietrafitta dell'Enel, che raccoglie i fossili (mammalofauna) rinvenuti durante i lavori di escavazione dell'adiacente miniera di lignite (segnalazione tratta da "Guida Geologica Regionale" n. 7 - "APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO" - Ed. BE.MA., 1994).
 

Per altre informazioni sulla geologia del nostro territorio evidenziamo due opere citate in bibliografia:

"APPENNINO UMBRO - MARCHIGIANO" GUIDE GEOLOGICHE REGIONALI N. 7 - AA.VV., A CURA DELLA SOC. GEOLOGICA ITALIANA - BE-MA EDITRICE MILANO - DICEMBRE 1994

"LA CHIESA DI S. MARIA DI PIETRAROSSA PRESSO TREVI" - "I CARATTERI GEOLOGICI DELLA ZONA DI PIETRAROSSA" - TIZIANA RAVAGLI, BRUNO MATTIOLI - TRATTO DAL BOLLETTINO DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER L'UMBRIA - VOL. LXXXVII 1990

Ed ora, buon cammino a tutti!

 

 

 

I contenuti di questo sito sono estratti dal libro di Tiziana Ravagli e Giampaolo Filippucci "Trevi: quattro passi tra storia e natura - Itinerari in collina e montagna", pubblicato dall'Associazione Pro Trevi, dal Comune di Trevi e dal Club Alpino Italiano - Sezione di Foligno.