Elleboro

409 307 Ambiente e Biodiversità
  • 3

Nome comune: elleboro verde di Boccone, elleboro di Boccone
Specie: Helleborus viridis subsp. bocconei (Ten.) Peruzzi (Helleborus bocconei Ten.)
SottoSpecie: Helleborus bocconei Ten. subsp. bocconei 
Famiglia: RANUNCULACEAE

Pianta erbacea perenne che può raggiungere 50 cm di altezza, frequentemente presente fino alla quota di m 1600-1800 s.l.m. Fiorisce da gennaio ad aprile.

  • I fiori, di colore verde chiaro, sono rivolti verso il basso, retti da un peduncolo di 0,7- 1,0 cm.
  • Le foglie basali, rette da un picciolo lungo 30 – 40 cm, sono costituite da 5-7 segmenti lineari-lanceolati, divisi interamente o almeno fino alla metà e grossolanamente dentati; di colore verde chiaro, presentano delle evidenti nervature lievemente pubescenti nella pagina inferiore; talvolta queste foglie sono svernanti. Le foglie bratteali sono divise circa in 3 segmenti, con il centrale quasi sempre, a sua volta, triforcato.
  • I fusti fiorali nascono prima delle foglie.
  • I frutti sono formati da 2-5 follicoli che presentano un’appendice lunga circa la metà del follicolo stesso; quando raggiungono la maturazione si aprono lasciando cadere piccoli semi di colore brunastro.
  • L’apparato radicale è rizomatoso e di colore bruno.

Note

In Umbria, al momento, è segnalata solo la sottospecie nominale.

Note

In www.actaplantarum.it leggiamo che: « la giusta collocazione e denominazione di questa specie sarebbe Helleborus viridis L. subsp. bocconei (Ten.) Peruzzi […]». In www.actaplantarum.it si è scelto, tuttavia, di lasciare il nome H. bocconei per problemi legati a una nuova, necessaria, riclassificazione delle sottospecie.

Specie simili

Si può confondere piuttosto facilmente con Helleborus viridis L. dal quale si distingue per i seguenti caratteri:

  • foglie radicali svernanti, assenti in H. viridis; il margine delle foglie  è grossolanamente dentato, mentre in H. viridis il margine presenta denti più fini. In generale, in H. viridis le foglie sono complessivamente pelosette o del tutto glabre (mentre in H. bocconei i peli sono presenti lungo le nervature nella pagina inferiore delle foglie stesse)
  • fiore più grande e più verde in H. bocconei, più piccolo e giallo-verdastro in H. viridis

Al momento la specie Helleborus viridis L. non è segnalata in Umbria: specie dell’Italia settentrionale e centro-settentrionale sino alla Toscana.

Nome comune: elleboro fetido
Specie: Helleborus foetidus L.

Famiglia: RANUNCULACEAE

Pianta erbacea perenne che può raggiungere 50-60 cm di altezza, caratterizzata da fusti legnosi e sottili alla base, presente fino alla quota di m 1600-1800 s.l.m. Fiorisce da gennaio ad aprile.

  • I fiori, di colore verde, sono campanulati, penduli, con il margine della corolla listato di colore bruno-purpureo.
  • Le foglie sono di colore verde molto scuro, persistenti, rette da un lungo picciolo. Le foglie inferiori sono palmate, finemente suddivise in 3-9 segmenti sottili, leggermente ricurvi a margine dentato, che possono essere lunghe anche fino a 30 cm. Le foglie in alto nel fusto sono intere e hanno l’aspetto di brattee.
  • I frutti presentano un rostro uncinato.

Note

Quando è ancora il gelo a farla da padrone con promesse di neve o la persistente presenza di venti freddi di tramontana, l’elleboro resta chiuso in se stesso, mantenendo i suoi boccioli stretti nella propria essenza globosa.
In primavera l’infiorescenza si apre e con il suo colore verde chiaro spicca tra il verde scuro del fogliame basale la cui nascita risale alla primavera precedente.

In Umbria al momento è segnalata la sola sottospecie nominale.

Tossicità

Tutti gli ellebori sono velenosi perché contengono dei glicosidi, tra i quali citiamo l’elleborina, la cui azione danneggia gravemente il muscolo cardiaco (similmente alle digitali).
Nell’elleboro verde sono presenti anche degli alcaloidi.
Altra sostanza tossica presente negli ellebori è lo steroide saponigenina.
Sono noti casi di avvelenamento di bambini per ingestione di semi di elleboro.

Curiosità

Vale la pena ricordare che il termine generico Helleborus deriva dal greco e significa ‘cibo mortale’, a rammentare la pericolosità di queste piante.
L’essiccazione non riduce la tossicità della pianta per cui il fieno contenente gli ellebori è velenoso.
Sapore ed odore degli ellebori dovrebbero dissuadere chiunque dalla appetibilità delle piante di questo genere, tuttavia, soprattutto con i bambini è bene non abbassare mai la guardia.

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Helleborus
Helleborus orientalis
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni basali
Ordine Ranunculales
Famiglia Ranunculaceae
Sottofamiglia Ranunculoideae
Tribù Helleboreae
Genere Helleborus
L., 1753
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Sottoregno Tracheobionta
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Magnoliidae
Ordine Ranunculales
Famiglia Ranunculaceae
Sottofamiglia Ranunculoideae
Tribù Helleboreae
Genere Helleborus
Sinonimi

Helleboraster
Moench

Nomi comuni

Elleboro

Specie
Helleborus foetidus

Helleborus (Tourn. ex L., 1753), comunemente noto come elleboro, è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae diffuso prevalentemente nel bacino del Mediterraneo, ad eccezione di una specie (H. thibetanus) che è presente in Estremo Oriente[1].

Descrizione

I fiori dell'elleboro sono formati da 5 tepali che sono colorati in diversi modi e assumono spesso un aspetto petaloide. Questi circondano e proteggono i nettari che derivano dalla trasformazione dei veri petali. I tepali persistono dopo l'impollinazione, e studi condotti in Spagna suggeriscono che il perigonio persistente possa contribuire allo sviluppo dei semi[2]. Alcune specie hanno radici rizomatose. La fioritura è invernale o ai primi tepori primaverili.

Tassonomia

Dal genere prende il nome una delle famiglie delle Ranuncolaceae, quella delle Helleboreae.

Specie

Il genere Helleborus include attualmente 15 specie e 6 sottospecie (di cui una decina spontanee sul territorio italiano):

Specie in Italia

In Italia sono spontanee le seguenti specie[3]:

  • H. foetidus: diffuso in luoghi sassosi e cespugliosi; fusto ramoso alto oltre i 50 cm; foglie lungamente picciolate, con una decina di segmenti lanceolati dal margine seghettato, le brattee sono ovali e di colore verde pallido; i fiori campanulati, pendenti, sono di colore verdastro, marginati di rosso-brunastro; la pianta emana un odore nauseabondo. È il più utilizzato per la coltivazione in vaso e nei luoghi molto ombrosi.
  • H. lividus: presente in Sardegna nella sua sottospecie Helleborus lividus subsp. corsicus.
  • H. viridis: noto anche con il nome di elleboro verde o elleboro falso, velenoso, emana un odore fetido. Spontaneo dei luoghi cespugliosi ed erbosi dalle zone collinari fino a quella alpina al margine dei boschi. Pianta erbacea perenne rizomatosa alta 20–50 cm, con grandi foglie basali, presenti fino alla cima degli scapi florali come brattee, pedate (divise cioè in 3 segmenti principali, di cui il mediano libero e intero, mentre i 2 laterali sono a loro volta divisi in segmenti lanceolati). I fiori odorosi sono grandi, di colore verde o rossiccio, con sepali patenti; fioritura invernale-primaverile. I frutti sono follicoli oblunghi, uniti alla base in gruppi di 3-8 e muniti di rostri, contengono numerosi semi di forma allungata. Ha due sottospecie: subsp. abruzzicus e subsp. liguricus.
  • Helleborus bocconei: sia la specie in sé che H. bocconei subsp. intermedius sono endemiche in Italia, la prima nelle regioni centrali, la seconda nel Meridione e in Sicilia.
  • Helleborus niger: noto anche con il nome di rosa di Natale, elleboro nero e erba rocca; pianta erbacea perenne alta 8–35 cm, velenosa, emana un odore acre; ha un rizoma corto e ingrossato di colore nerastro, ricco di radici. Le foglie sono basali, lungamente picciolate, di grandi dimensioni, da oblungo-cuneate a lanceolate, coriacee a margine seghettato, di colore verde scuro; scapi floreali di colore rossiccio, con brattee ovali, sessili. I fiori sono singoli o a coppie, grandi, apicali a forma di coppa, di colore bianco, rosa o rosso-porpora, con piccoli tepali tubulosi e numerosi stami, con fioritura da gennaio ad aprile. I frutti sono follicoli rigonfi, muniti di rostri; contengono numerosi semi oblunghi. Vive nei luoghi erbosi e boscosi delle Alpi (dalla Valle d'Aosta al Friuli), incerto per l'Appennino, in pericolo per le indiscriminate raccolte in natura, soprattutto in Brianza, dove esiste il deprecabile costume di farne mazzi per i cimiteri. Spesso coltivato, da non confondere con l'elleboro bianco, che si riferisce a specie di un altro genere il Veratrum album.
  • Helleborus × tergestinus: specie ibrida endemica del territorio italiano.

Usi

Come pianta ornamentale per decorare roccaglie e giardini spontanei, in vaso per gli appartamenti, e per la produzione industriale del fiore reciso.

Proprietà medicinali

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Pianta molto velenosa, sia per ingestione che per uso esterno, molto difficile da dosare. Se ne sconsiglia vivamente l'uso.

  • La polvere ricavata dalle radici e dai rizomi raccolti in primavera o in autunno e fatti essiccare rapidamente ha proprietà cardiotoniche, narcotiche, emetiche e curative degli edemi; è anche un purgante drastico.
  • Per uso esterno come revulsivo in alcune malattie della pelle.
  • L'estratto fluido delle radici e del rizoma dell'Helleborus viridis ha proprietà sedative e irritanti dell'intestino con effetto purgativo drastico.
  • Come allucinogeno l'elleboro è noto sin dall'antichità [Plinio 25,47]. La notizia dell'uso di pozioni di elleboro da parte di Crisippo è riferita anche da Luciano [Vera hist. 2,18]. Simili notizie si trovano in: Plinio [25,52] in riferimento a Carneade, Gellio [17,15] e Valerio Massimo [8,7]. Per la relazione fra lucidità teoretica ed elleboro, vedi Stobeo [Ecl. 2,24]; fonte: Op. Cit., nota 256 di A. Aragosti.

Antichità

  • Nel VI secolo avanti Cristo, la Prima guerra sacra (595–585 a.C.) tra l'anfizionia delfica e la città di Cirra è nota perché la Lega anfizionica avvelenò i rifornimenti idrici della città di Cirra usando l'elleboro.[4] L'acqua addizionata di elleboro presto rese i difensori così deboli per la diarrea che non furono in grado di continuare a resistere all'assalto. Cirra venne espugnata e tutta la popolazione venne trucidata. L'idea di usare l'elleboro era stata di un medico di nome Nebro, antenato di Ippocrate. Alcuni si sono chiesti se sia stato il senso di colpa per l'utilizzo del veleno da parte del suo antenato che spinse Ippocrate a formulare l'omonimo giuramento.[5].
  • Petronio Arbitro dice nel suo Satyricon [88,4]: "Chrysippus, ut ad inventionem sufficeret, ter elleboro animum detersit". Crisippo di Soli, filosofo stoico del III sec. a.C. [Diogene Laerzio 7,198], dunque, "per affinare la sua capacità percettiva (inventio), per tre volte si schiarì la mente con [una pozione di] elleboro". Fonte: Ed.BUR 1996, traduzione di Andrea Aragosti.
  • Quinto Orazio Flacco ne parla nel suo Satirarum (Terza Satira - Libro II): "Danda est ellebori multo pars maxima avaris"; in quanto noto rimedio contro la pazzia, in questo caso degli avari.[6]

Coltivazione

La coltivazione non presenta molte difficoltà. Il luogo non dovrà essere eccessivamente soleggiato. Il terreno dovrà essere fertile, ben drenato, con concimazioni periodiche, preferibilmente organiche.

La messa a dimora in settembre-ottobre a 30–40 cm di distanza, avendo cura di non interrare la sommità degli apparati radicali a più di 2–3 cm di profondità.

Se lasciati indisturbati, con le giuste condizioni, si possono riprodurre spontaneamente. In generale gli ellebori mal sopportano i trapianti.

La specie Helleborus foetidus è quella che meglio si adatta alle posizioni più ombreggiate.

La semina non è complicata, ma richiede cura e soprattutto tempo. I primi risultati non si vedranno prima di tre anni. Saranno più immediati con la divisione dei cespi.

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ (EN) Helleborus Tourn. ex L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 5 febbraio 2021.
  2. ^ Herrera, C. M. (2005). Post-floral perianth functionality: contribution of persistent sepals to seed development in Helleborus foetidus (Ranunculaceae). Amer. J. Bot. 92: 1486-1491
  3. ^ Sandro Pignatti, Flora d'Italia, Bologna, Edagricole, 1982, ISBN 88-506-2449-2.
  4. ^ Antonio Palo, 2016, La guerra sporca nell'antichità
  5. ^ Mayor, Andrienne. Greek fire, poison arrows, and scorpion bombs: Biological and chemical warfare in the ancient world. The Overlook Press, Peter Mayer Publishers, Inc., 2003. ISBN 1-58567-348-X. pages 100–101
  6. ^ Full text of "Quinti Horatii Flacci Opera : accedunt clavis metrica et notæ anglicæ juventuti accommodatæ" (TXT), su archive.org. URL consultato il 2 settembre 2015.

Bibliografia

Voci correlate

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Elleboro puzzolente
Helleborus foetidus
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni basali
Ordine Ranunculales
Famiglia Ranunculaceae
Sottofamiglia Ranunculoideae
Tribù Helleboreae
Genere Helleborus
Specie H. foetidus
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Sottoregno Tracheobionta
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Magnoliidae
Ordine Ranunculales
Famiglia Ranunculaceae
Sottofamiglia Ranunculoideae
Tribù Helleboreae
Genere Helleborus
Specie H. foetidus
Nomenclatura binomiale
Helleborus foetidus
L., 1753
Sinonimi

Helleboraster foetidus
Moench
Helleborus beugesiacus
Jord. & Fourr.
Helleborus deflexifolius
Jord. & Fourr.
Helleborus foetidus subsp. balearicus
(L.Chodat) Romo

Nomi comuni

Elleboro fetido
Elleboro nero
(DE) Stinkende Nieswurz
(FR) Ellébore fétide
(EN) Stinking Hellebore

Helleborus foetidus (L., 1753), comunemente noto come elleboro puzzolente, è una pianta appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria di Europa occidentale e Marocco[2].

Etimologia

La denominazione del genere Helleborus è stata attribuita dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708) ed è stata formata (a quanto pare) dall'unione di due parole greche il cui significato finale è: pietanza, nutrimento o cibo mortale. Altre etimologie sembrerebbero far riferimento a un'antica città greca famosa per curare la pazzia con una pianta di questo genere. L'epiteto specifico foetidus fa riferimento all'odore fetido della pianta (ma non per tutte le piante).
Il binomio scientifico attualmente accettato (Helleborus foetidus) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.

Descrizione

Il portamento

Sono piante erbacee la cui altezza totale varia da 20 a 60 cm (massimo 80 cm) mentre alcuni individui possono raggiungere un diametro di 1 metro. Tutte le parti della pianta sono velenose e contengono glicosidi. I sintomi di intossicazione includono vomito molto violento e delirio. La forma biologica di questa pianta è camefita suffruticosa (Ch suffr), ossia è una pianta perenne e legnosa alla base, con gemme svernanti poste ad un'altezza dal suolo tra i 2 ed i 30 cm; le porzioni erbacee seccano annualmente e rimangono in vita soltanto le parti legnose (e in alcuni casi anche le foglie).

Radici

L'apparato radicale è di tipo fibroso; le radici sono grosse e scure.

Fusto

  • Parte ipogea: la parte sotterranea è priva del rizoma e può essere considerata assente.
  • Parte epigea: la parte aerea del fusto è eretta (nella parte iniziale è strisciante), lignificato alla base e sempreverde. La parte eretta può essere alta 10 – 25 cm. Il fusto è ricoperto da guaine a forma triangolare: sono delle foglie morte.

Foglie

Le foglie
  • Foglie basali: assenti.
  • Foglie cauline: in questo tipo di pianta le foglie sono solo cauline[3] con lamina divisa totalmente in 7 – 11 segmenti (lembo fogliare di tipo palmato-diviso). Di questi, 3 – 4 laterali, sono riuniti indipendentemente con un breve picciolo; mentre quello mediano si presenta singolo e isolato. Il picciolo è lungo 10 – 20 cm. I segmenti hanno una forma lanceolato-lineare; sul bordo sono seghettati. Dimensione dei segmenti: larghezza 1 – 1,6 cm; lunghezza 6 – 17 cm). Larghezza totale della foglia: oltre 30 cm.

Infiorescenza

Infiorescenza

L'infiorescenza si compone di 3 – 15 fiori pendenti. Il colore dell'infiorescenza, in genere, è verde chiaro (rispetto alle foglie che sono più scure).

Fiore

Il fiore

I fiori sono ermafroditi e attinomorfi con verticilli spiralati. Il perianzio ha un solo verticillo (perianzio “aploclamidato”)[4]: il calice è di tipo petaloide, mentre la corolla è atrofizzata o molto ridotta. Le strutture rimanenti (androceo e gineceo) sono perlopiù a disposizione spiralata. Questa morfologia degli “ellebori” è probabilmente la forma più arcaica nell'ambito della famiglia delle Ranunculaceae. Il colore dei fiori è verdognolo (con riflessi giallognoli). Diametro dei fiori: 2 – 3,5 cm

* K 5, C 5, A molti G 3-7[5]
  • Calice: il calice (la parte più in vista del fiore) è composto da cinque grandi sepali conniventi a campanula, a forma obovata o obcuneata di tipo corollino (o petaloide) e quindi possono essere chiamata anche tepali. Sono larghi quanto sono lunghi, la forma è quindi largamente ellittica o sub-rotonda. Il bordo dei sepali è auto-ricoprente con margine violetto-purpureo. In questa struttura è possibile osservare il passaggio graduale da brattee a sepali[6]. Dimensione dei sepali: larghezza 13 mm; lunghezza 18 mm.
  • Corolla: i petali veri e propri (da 8 a 12) sono ridotti a piccoli cornetti tubulari con funzione nettarifera (di origine staminale) provvisti all'apice di un'unghia (sono più corti degli stami, meno della metà). I sepali sono persistenti dopo l'impollinazione e sembra che possano contribuire in modo positivo allo sviluppo successivo dei semi[7]. Sembra inoltre che i nettari contengano del lievito capace di innalzare la temperatura e facendo così evaporare i composti organici volatili capaci di attirate gli insetti impollinatori anche durante i mesi più freddi[8].
I petali e gli stami
  • Androceo: gli stami (a disposizione spiralata) sono molto numerosi (più o meno una cinquantina), bilobi e colorati di giallognolo.
  • Gineceo: l'ovario è supero e “apocarpo” (derivato da carpelli indipendenti). I carpelli sono da 3 a 7, sessili e disposti in modo spiralato anche questi, ma indipendenti tra di loro.
  • Fioritura: da gennaio a maggio.

Frutti

Il frutto

I frutti (due baccelli affiancati contrapposti) sono delle capsule (o follicoli) coriacee (3 – 7) con appendice (un rostro quasi uncinato) contenenti molti semi. La deiscenza è all'apice del follicoli. I semi hanno un colore nero ma brillante. Dimensione dei follicoli: 2,5 – 3 cm.

Riproduzione

La riproduzione di questa pianta avviene per via sessuata grazie all'impollinazione degli insetti pronubi in quanto è una pianta provvista di nettare (impollinazione entomogama).

Distribuzione e habitat

Distribuzione della pianta

Fitosociologia

Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa voce appartiene alla seguente comunità vegetale[9]:

Formazione: delle comunità forestali
Classe: Quercetea pubescentis

Tassonomia

Il genere degli Ellebori, in Italia, non è molto numeroso (una decina di specie al massimo). Normalmente queste specie vengono divise in due gruppi[10]:

  • piante con foglie caduche annuali;
  • piante con foglie sempreverdi e coriacee.

Il secondo gruppo a sua volta viene ulteriormente suddiviso in piante con scapi a fiori singoli o piante con scapi fiorali dicotomizzati 2 – 3 volte e quindi con numerosi fiori. È a quest'ultima suddivisione che appartiene l'Elleboro puzzolente.
Il numero cromosomico di Helleborus foetidus è: 2n = 32[11][12].

Sinonimi

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:

  • Helleboraster foetidus (L.) Moench (1794)
  • Helleborus beugesiacus Jordan & Fourr. (1868)
  • Helleborus deflexifolius Jordan & Fourr. (1868)

Specie simili

La specie più simile a H. foetidus è Helleborus viridis. Quest'ultimo si distingue in quanto i fiori sono più grandi e non hanno i margini sfumati di purpureo; inoltre l'infiorescenza è meno copiosa.

Usi

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Farmacia

Sono considerate piante velenose in quanto contengono “elleborina” e altre sostanze alcaloidi tossiche e velenose (come del resto buona parte delle Ranunculaceae). Se ingerite in quantità possono provocare vomito, diarrea e arresto cardiaco (contengono glicosidi cardiaci). Il veleno può essere assorbito anche attraverso la pelle.
La medicina popolare la usa per ridurre la pressione sanguigna. Le radici sono considerate antielmintiche (eliminano svariati tipi di vermi o elminti parassiti), cardiotoniche (regolano la frequenza cardiaca), catartiche (proprietà generiche di purificazione dell'organismo), diuretiche (facilita il rilascio dell'urina), emetiche (utile in caso di avvelenamento in quanto provoca il vomito), emmenagoghe (regolano il flusso mestruale) e violentemente stupefacenti[13].

Giardinaggio

Sono piante di facile coltura; hanno bisogno di un terreno fresco e ben nutrito in posizioni di semi-ombra. Possono essere coltivate anche in vaso. Hanno un certo interesse nel campo della floricoltura in quanto sono stati preparati diversi cultivar:

  • Green Giant: dai fiori colorati con fogliame finemente suddiviso;
  • Miss Jekyll: i fiori sono profumati con intensità variabile durante la giornata;
  • Wester Flisk Group: le foglie sono colorate di rosso e gli steli sono verde-grigio;
  • Sierra Nevada Group: è una pianta nana (non più di 30 cm di altezza).

Note

  1. ^ https://www.iucnredlist.org/species/203401/2764905
  2. ^ (EN) Helleborus foetidus L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 5 febbraio 2021.
  3. ^ Pignatti, vol. 1 - p. 279.
  4. ^ 1996 Alfio Musmarra, Dizionario di botanica, Bologna, Edagricole.
  5. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 27 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2011).
  6. ^ Strasburger, vol. 2 - p. 755.
  7. ^ Carlos M. Herrera, Post-floral perianth functionality: contribution of persistent sepals to seed development in Helleborus foetidus (Ranunculaceae), in American Journal of Botany. 2005;92:1486-1491. URL consultato il 22 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2008).
  8. ^ Carlos M. Herrera and María I. Pozo, Nectar yeasts warm the flowers of a winter-blooming plant, in Proceedings della Royal Society Biological.10 February 2010..
  9. ^ Flora Alpina, vol. 1 - p. 120.
  10. ^ Motta, vol. 2 - p. 423.
  11. ^ Tropicos Database [collegamento interrotto], su tropicos.org. URL consultato il 21 agosto 2010.
  12. ^ Index synonymique de la flore de France, su www2.dijon.inra.fr. URL consultato il 21 agosto 2010.
  13. ^ Plants For A Future, su pfaf.org. URL consultato il 21 agosto 2010.

Bibliografia

  • Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume secondo, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 422.
  • Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume primo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 280, ISBN 88-506-2449-2.
  • AA.VV., Flora Alpina. Volume primo, Bologna, Zanichelli, 2004, p. 120.
  • Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Volume 2, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, p. 817, ISBN 88-7287-344-4.
  • Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 327, ISBN 978-88-299-1824-9.

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