Nome comune: maggiociondolo
Specie: Laburnum anagyroides Medik.
Famiglia: FABACEAE
È un piccolo arbusto o alberello caducifoglio, alto, generalmente, fino a 3-5 m.
- I fiori di colore giallo, simili a quelli del pisello, sono riuniti in grappoli penduli.
- Le foglie sono alterne a 3 elementi, di colore verde chiaro.
- la corteccia è liscia, con rami verdi scuri e ramoscelli penduli e pubescenti.
- I semi, di colore bruno scuro, quasi nero, e velenosissimi, sono contenuti in un baccello finemente peloso.
Tossicità
È una pianta molto velenosa, con le sostanze tossiche concentrate soprattutto nei semi e nelle foglie.
Si tratta in particolare di alcaloidi tossici tra cui citiamo la cistina e la laburnina.
Con l’ingestione anche di un solo seme si manifesta l’intossicazione con vomito, crampi, sudori freddi; se si mangia un numero sufficiente di semi, nel giro di un’ora circa dall’ingestione, si può arrivare alla morte anche di un individuo adulto.
Curiosità
Il maggiociondolo si riconosce facilmente nei boschi in tarda primavera per i grappoli di fiori penduli, di colore giallo intenso, simili a quelli del pisello.
Link da Actaplantarum: Laburnum anagyroides
Maggiociondolo | |
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Laburnum anagyroides | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Ordine | Fabales |
Famiglia | Fabaceae |
Sottofamiglia | Faboideae |
Tribù | Genisteae |
Genere | Laburnum |
Specie | L. anagyroides |
Nomenclatura binomiale | |
Laburnum anagyroides Medik., 1787 |
Il maggiociondolo (Laburnum anagyroides Medik., 1787) è un piccolo albero caducifoglio (alto dai 4 ai 6 metri), appartenente alla famiglia delle Fabaceae. Il nome volgare allude ai fiori a grappoli pendenti che, in maggio, ciondolano.
Descrizione
Ha portamento arbustivo, la corteccia è liscia, con rami espansi verdi scuri e ramoscelli penduli e pubescenti. Le foglie (composte da tre foglioline) hanno un lungo picciolo, glabre superiormente e pelose inferiormente. I fiori sono di colore giallo oro, molto profumati, sono raggruppati in lunghi racemi penduli (fino a 25 cm) e fioriscono tipicamente in maggio.
I frutti sono legumi dai numerosi semi neri contenenti citisina (un alcaloide), estremamente velenosi (per l'uomo, ma anche per capre e cavalli) specie se immaturi. Alcuni animali selvatici tuttavia (come lepri, conigli e cervi) se ne possono cibare senza problemi, e per questo in alcune regioni è ritenuta una pianta magica.
Il legno è duro e pesante, di colore giallo/bruno, ottimo per pali, lavori al tornio e come combustibile. In passato - ma anche oggi nelle rievocazioni storiche - era utilizzato come ottimo legno per la costruzione degli archi.
Distribuzione e habitat
(Europa meridionale): dalla Francia sud-orientale alle Alpi, Appennini e Penisola balcanica. Vegeta e fiorisce in habitat temperati e moderatamente umidi, specialmente in terreni calcarei, spesso associato a boschi di carpino nero (Ostrya carpinifolia).
Curiosità
L'albero è noto anche come falso ebano (o avorniello) in quanto il legno di esemplari molto vecchi poteva essere usato in sostituzione dell'ebano.
Il poeta inglese Francis Thompson descrisse il laburnum in una sua poesia:
«Mark yonder, how the long laburnum drips |
(Francis Thompson, , 1895) |
Lo scrittore J. R. R. Tolkien si ispirò al laburnum per la creazione di Laurelin, uno dei due alberi mitologici de Il Silmarillion, e la descrizione che ne dà Tolkien è fortemente influenzata dai versi di Thompson.[1]
La poetessa statunitense Sylvia Plath, figlia di due botanici, lo nomina spesso nelle sue poesie e ci si paragona
«I wonder how hungry they are. |
«Chissà se hanno fame. |
(Sylvia Plath, (1962)).[2]
Anche Giovanni Pascoli la nomina:[3]
«Il tempo si cambia: stasera |
Note
- ^ (EN) J. R. R. Tolkien, The later Quenta Silmarillion, in Christopher Tolkien (a cura di), Morgoth's Ring, Fulham, HarperCollinsPublishers, 1993, p. 157, ISBN 0-261-10300-8.
- ^ (EN, IT) Sylvia Plath, Ariel, in I capolavori di Sylvia Plath con un saggio di Joyce Carol Oates, traduzione di Anna Ravano, Milano, Oscar Mondadori Grandi Classici, 2004, pp. 126-127, ISBN 88-04-53140-1.
- ^ Digilander Libero, su digilander.libero.it.
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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