Antonio Abate, uno dei santi più amati nelle campagne della Valle Umbra

512 512 Edicole sacre. Nel territorio della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano
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Iconografia

Sant’Antonio Abate è stato uno dei santi più venerati nelle nostre campagne.
Praticamente in tutte le stalle si trovava un’immagine del Santo, quasi sempre raffigurato con un maiale accanto.
Spesso l’immagine era una semplice stampa incorniciata, attaccata alla parete con un chiodo.
Nell’iconografia occidentale classica sant’Antonio Abate è ricordato vestito da eremita con un bastone a T (tau, segno dell’autorità monastica, simbolo del Santo anche nella iconografia orientale), una campanella e un maiale accanto; questo attributo compare nell’iconografia occidentale a partire dal Medioevo.
Secondo una leggenda, fu proprio un porcellino ad accompagnare il Santo all’inferno quando questi andò a prendere il fuoco che non si trovava sulla terra: mentre sulla soglia degli inferi sant’Antonio tentava di convincere il diavolo a lasciarlo entrare, il maialino sgattaiolò furtivamente all’inferno, sconvolgendo il consesso dei demoni e uscendone con un tizzone ardente.
Qualche volta ai piedi del Santo è raffigurato il diavolo, che, talora, è rappresentato sotto forma di animale feroce, in riferimento all’episodio raccontato nella Vita di Antonio di Atanasio sulle tentazioni che il monaco eremita superò con la preghiera, l’umiltà, la carità, la sincerità e la vita ascetica.

Vita

Sant’Antonio Abate nacque in Egitto nel 251 e vi morì ultracentenario nel 356.
All’età di 20 anni iniziò un percorso di vita votato all’ascetismo e alla solitudine, vivendo da eremita nella regione del mar Rosso e vincendo ogni sorta di tentazione.
Nel 311 si recò ad Alessandria per sostenere i cristiani condannati a morte durante le persecuzioni di Massimino Daia e 44 anni dopo vi ritornò per confutare l’eresia dell’arianesimo.
«Padre dei monaci », fu considerato un sant’uomo già in vita e ancora oggi è ritenuto uno degli asceti più importanti del cristianesimo antico, avendo dato origine alle forme di vita semianacoretiche, diffusesi con i monasteri greci e russi.
Di sant’Antonio Abate parlano nelle loro opere il già ricordato sant’Atanasio, san Girolamo e per finire Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea.

Protezione

Sant’Antonio Abate è il santo protettore degli animali domestici, dei macellai, dei salumai e dei pastori, ma anche dei contadini e dei canestrai in considerazione del fatto che per anni visse coltivando orti e intrecciando canestri e stuoie.
In occasione della festa di sant’Antonio Abate, sul sagrato delle chiese o sulle piazze antistanti, si svolgeva la tradizionale benedizione degli animali. Questa usanza, ancora sentita nelle nostre campagne, sta tornando di moda anche presso gli abitanti della città con il rinnovato amore verso gli animali domestici.
Sant’Antonio Abate è invocato contro l’herpes zoster, chiamato popolarmente proprio «fuoco di sant’Antonio» (che, tra l’altro nella medicina popolare era medicato con il lardo di maiale), infatti prima del XVI secolo l’attributo di tenere in mano il fuoco era proprio di questo santo (in riferimento all’episodio del maialino e del tizzone ardente già narrato). In seguito l’attributo del fuoco fu accostato ad altri santi; in una edicola in località Azzano, ad esempio, questo carattere iconografico è presente in una raffigurazione di sant’Antonio da Padova (Spoleto, scheda 053, p. 228).
In Umbria sono numerosi i cicli pittorici dedicati a sant’Antonio Abate, tra questi, per ricchezza iconografica, ricordiamo in particolare quello attribuito ad Andrea di Cagno (metà del XV secolo) dipinto nella chiesa di San Francesco di Montefalco, o quello, di carattere più popolaresco, presente nella chiesa di Beroide (Spoleto) intitolata al Santo.
In alcuni casolari nella campagna della Valle Umbra meridionale, in particolare tra Bevagna, Foligno,Trevi e Castel Ritaldi, si trovano tempere raffiguranti sant’Antonio Abate e gli animali, opere di Armando Mesca «lu pittore de Beagna»: questi, intorno agli anni cinquanta, accontentandosi di quanto strettamente necessario per sopravvivere (un tetto sotto cui ripararsi, un po’ di cibo e di vino) dipingeva con stile molto approssimativo direttamente sulle pareti delle stalle.
Alfiero D’Agata (scheda 008, Castel Ritaldi) ci racconta che: «‘Compì l’opera [1954] un vecchio di Bevagna fatto venire appositamente dal proprietario, un pittore che si accontentò del vitto e del pernottamento sul pagliericcio della stalla’ (dal racconto di un ex contadino, N. Preziosi, che l’ha vista realizzare)». In questo caso l’immagine fu dipinta sulla parete all’interno della stalla di una casa rurale, situata nei pressi del ponte sull’Alveo di San Lorenzo, vicino alla S.P. 457 La Bruna-Beroide. In quegli stessi anni riprodusse il Santo circondato di animali nella stalla della famiglia Bonilli, in località La Bruna, vocabolo Santa Lucia (Castel Ritaldi, segnalazione di A. D’Agata), nell’androne vicino alla porta della stalla di un podere in località Casevecchie (Foligno, segnalazione F. Spellani per TreviAmbiente), in un casale a Fabbri di Giano dell’Umbria (data della tempera su muro 1955, rilevatore F. Santini, scheda 046, Giano dell’Umbria), in un casale in località Case Colle del Papa (scheda 085, Spoleto, rilevatore R. Quirino). L’immagine, in questo caso, fu dipinta sulla parete di una stalla annessa a un grande complesso agricolo ormai diruto.

Sant’Antonio Abate si festeggia il 17 gennaio.

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